Storytelling. L'arte di descrivere l'anima di un prodotto
Oggi vendere e valorizzare nel modo giusto un prodotto non è cosa facile in un mercato popolato da consumatori informati e divortori di recensioni.
Non basta più elencarne le strordinarie qualità, né sbandierare la notorietà di un marchio, quello che invece funziona è la comunicazione empatica che ha lo scopo di mettere in connessione consumatore e prodotto.
Lo storytelling mette al centro di tutto noi stessi, spiegandoci in che modo quel prodotto potrà migliorarci la vita.
(tempo di lettura e visione: 2min 35s)
Che cosa si intende per storytelling?
E' un termine inglese che letteralmente significa affabulare, raccontare una storia, ma che trasportato nel mondo del marketing e della comunicazione diventa qualcosa di molto più complesso ed articolato.
Chi inventa e racconta queste storie è lo storyteller, il racconta storie appunto e ha come obbiettivo quello di attirare l’attenzione del cliente finale con una storia sorprendente che stupisca e affascini chi la sta leggendo, ascoltando o vedendo, una storia facile da ricordare raccontata con parole semplici senza eccessive informazioni.
In sostanza è una tecnica di comunicazione che ha lo scopo di affascinare, suggestionare e attrarre l’attenzione del potenziale cliente su di un determinato prodotto, marchio o servizio.
Quindi si tratta di una tradizionale comunicazione pubblicitaria?
Per certi versi si, usa mezzi e canali simili, ma con una sostanziale differenza: lo storytelling non ha l’obbiettivo di convincerti ma quello di coinvolgerti.
Il prodotto viene raccontato non tanto per quello che fa o rappresenta, per questo bastano belle fotografie e una dettagliata descrizione tecnica, ma ci si concentra sulla sfera emotiva e sensoriale.
Lo scopo è quello di suggestionarci, affascinarci, stimolare i nostri sensi per farci percepire il piacere e la gratificazione che possedere ed utilizzare quel dato oggetto o dispositivo ci darà.
Gli strumenti dello storyteller
Gli strumenti a disposizione dello storyteller per raccontare e veicolare emozioni sono fondamentalmente cinque:
- scrittura
- parola
- immagini
- video
- musica
Attraverso questi strumenti è possibile creare suggestioni e sensazioni che possono stimolare zone del cervello legate alla sfera emotiva, facendoci vivere sensazioni piacevoli, percepire la qualità o la morbidezza di un materiale e perfino il suo profumo.
Il valore emozionale
Se ti vendo un accendino con un bel design vintage e un packaging accattivante ad un prezzo conveniente, molto probabilmente non lo noterai nemmeno confuso fra centinaia, migliaia di altri prodotti simili.
Se invece lo stesso identico accendino te lo vendo raccontandoti che si tratta della replica esatta di quello appartenuto al comandante del Titanic Edward J. Smith, recuperato dal relitto nel corso dell’ultima spedizione di Robert Ballard del 1986, la carica emotiva e le suggestioni che quell’oggetto ci trasmette sono decisamente diverse così come diverso appare il valore percepito e l’interesse all’acquisto.
Potrebbe sembrare una furbizia commerciale, quasi un raggiro psicologico, ma non è così a meno che tutta la storia risulti inventata di sana pianta ovviamente, ma in quel caso non dovremmo parlare di storytelling ma di truffa...
L’azienda non può limitarsi a descrivere il solo valore intrinseco del prodotto ma anche e soprattutto il valore emozionale che, innescato da uno storytelling ben concepito, supporta la vendita di un prodotto ampliando il bacino di potenziali clienti anche a chi, diversamente, non lo avrebbe mai comprato.
“Lo so... non lo uso, l’ho pagato un sacco ma mi piaceva troppo"
Ed è così che pur non fumando ti ritrovi ad acquistare un accendino vintage pagandolo come un cellulare di ultima generazione...(;-D
I giardini di Bangalore
La multinazionale svedese IKEA è maestra nello storytelling, spiega e rende partecipi i propri clienti in ogni scelta commerciale dalla più piccola alla più grande.
Comunica non solo la cura e l’attenzione con cui progettano e realizzano i propri prodotti ma anche importanti valori etici e sociali come la sostenibilità ambientale e la tutela dei lavoratori.
Racconta che, dietro ad ogni prodotto IKEA, anche un banale piattino sottovaso in plastica, ci sono persone che li hanno pensati e progettati.
I loro nomi e cognomi sono impressi sul retro di ognuno dei milioni di prodotti che ogni anno vengono venduti in tutto il mondo e le loro facce stampate su grandi poster dove un breve testo racconta l’ispirazione che li ha guidati.
Ci raccontano di come Eva Lundgren, nel disegnare i colori e le trame delle sue stoffe si sia ispirata “...dai piccoli giardini segreti scoperti camminando tra le strade di Bangalore...” e ancora: “...all’inizio non li vedevo ma potevo percepirne la presenza grazie ai profumi di spezie e di fiori nell’aria per poi entrare in uno spazio magico pieno di colori e di vita."
Chi sia Eva Lundgren in pochi probabilmente lo sanno, non è certamente una famosa archistar né una designer di fama internazionale e che molti di noi possano avere un’idea vaga di dove diavolo sia Bangalore è altrettanto vero ma non è questo il valore aggiunto che IKEA vuole dare al suo prodotto.
Il messaggio è un altro e agisce ad un livello più profondo della nostra corteccia celebrale stimolando immagini, sensazioni ed empatia.
Vediamo la faccia sorridente della signora che ha disegnato quel prodotto, non vediamo più una fredda azienda multinazionale, vediamo la sua firma, il suo nome e cognome e cosa più importante il suo pensiero che può generare in noi delle sensazioni ed emozioni che magari condividiamo perché fanno parte del nostro vissuto.
Ed è così che quel prodotto, prima una stoffa come tante altre, diventa ai nostri occhi improvvisamente qualcosa di familiare e rassicurante, grazie ad un’empatia che senza quel tipo di comunicazione non ci sarebbe mai stata.
Storytelling nel nome del designer
Cerco sempre di comunicare alle aziende con cui collaboro quanto sia importante indicare il mio nome sui prodotti che ho disegnato, incidendo o stampando su ogni pezzo la dicitura “designer Luca Floreanini” e le invito ad utilizzare il mio nome e la mia immagine su ogni tipologia di materiale pubblicitario o informativo collegato a quel prodotto.
Potrebbe apparire come una cosa che va ad esclusivo vantaggio del designer che in questo modo ottiene una grande visibilità a spese dell’azienda.
Nella realtà è l’azienda a trarre i maggiori benefici in termini di comunicazione e vendita grazie ad uno storytelling creato da un semplice nome e cognome.
Quali sono i vantaggi?
Aumenta il valore percepito del prodotto.
Quando ci ritroviamo tra le mani un oggetto che riporta il nome di un designer, anche se ci è del tutto sconosciuto, abbiamo subito la percezione che si tratti di un prodotto qualitativamente ed esteticamente superiore.
Questa sensazione fa aumentare nel consumatore l’interesse e il desiderio all’acquisto con un evidente ritorno economico per l’azienda.
Comunica un DNA aziendale votato all’innovazione e al design.
Capisci che quell’azienda ha investito risorse e denaro per selezionare un professionista esterno allo scopo di dare un valore aggiunto al suo prodotto e differenziarlo dalla concorrenza.
Diffonde e promuovere marchio e identità aziendale.
Collegare il nome di un’azienda a quello di un designer significa beneficiare della sua visibilità e delle sue strategie di comunicazione.
Il designer promuove costantemente la sua attività professionale attraverso una molteplicità di canali tradizionali (carta stampata) e attraverso il web tramite il proprio sito e i social più diffusi, pubblicando post, articoli e newsletter che, anche grazie a campagne mirate, possono raggiungere milioni di persone ad ogni latitudine del pianeta.
Il designer parla di se attraverso i progetti che ha realizzato e le aziende con cui ha collaborato, diventando inevitabilmente cassa di risonanza per marchi e prodotti e dando loro visibilità e storytelling a costo zero.
Nessun costo per l'azienda
Nella maggior parte dei casi scrivere il nome del designer su di un prodotto non comporta lavorazioni aggiuntive e quindi non incide sul costo di produzione finale.
L’incisione viene realizzata una volta sola direttamente sullo stampo, in questo modo tutti i pezzi stampati riporteranno il nome del designer.
Nella poltrona per salone Lucrezia disegnata per DIVA il mio nome è stato posizionato sul supporto in alluminio dello schienale, ricavato direttamente dallo stampo (vedi immagine).
Quando lo storytelling supera il prodotto
E' il 2011 quando APPLE lancia sul mercato una cover per l’iPad2 dalle caratteristiche uniche, talmente intelligente nelle soluzioni tecniche adottate da meritarsi il nome di SMART COVER.
La cover protegge solo la parte più delicata dell’iPad, lo schermo in vetro, in questo modo il prezioso e raffinato design del dispositivo non viene alterato.
Per agganciare la cover non hanno utilizzato ganci o incastri meccanici ne tantomeno viti, ma dei magneti “annegati” all’interno della cover e dello stesso iPad.
Nulla sporge, nulla è visibile, la pulizia delle linee è assoluta.
Basta avvicinare la cover al tablet e magicamente questa si posiziona con assoluta precisione richiamata dalla forza invisibile dei magneti.
Puoi rimuovere e riposizionare la cover quante volte vuoi senza alcun sforzo o difficoltà. Non servono istruzioni.
Ma non è tutto.
La cover è SMART anche perché suddivisa in quattro fasce rigide disegnate in modo da poterla avvolgere, trasformandola in uno pratico supporto per l’iPad che può essere posizionato orizzontalmente, quando lo utilizzi in modalità tastiera e verticalmente quando guardi filmati.
La cover infine gestisce anche l’accensione del tablet che si attiva automaticamente quando viene sollevata.
Tutti noi conosciamo la qualità e originalità dei prodotti della casa di Cupertino, hanno un design accattivante e sono costruiti benissimo con materiali di grande qualità.
In questo caso però, il video di presentazione della nuova cover ha superato in qualità e genialità il prodotto stesso, un vero capolavoro di storytelling!
In 32 secondi (trentadue/00 secondi) e senza usare una sola parola, parlata o scritta, sono riusciti a comunicare:
- funzioni e funzionamento del dispositivo
- qualità ed eleganza del design
- qualità dei materiali impiegati
- originalità e innovazione
- giocosità e divertimento
- leggerezza e gioia di vivere
iPad e SMART COVER sono ripresi in un ambiente totalmente bianco, quasi sterile, che amplifica la raffinatezza e razionalità delle linee e non distrae l’occhio di chi guarda dai veri protagonisti del filmato.
Solo una mano maschile glabra, dalle dita affusolate e curate, irrompe nella scena per rappresentare l’interazione uomo-dispositivo.
Il video è concepito come un balletto dove le immagini danzano a tempo con la musica e dove il "Click" dei magneti che si agganciano e il "Ta-Tap" della cover che colpisce lo schermo diventano parte integrante della ritmica, con il suono di una campana usato come accento e catalizzatore di attenzione.
Il risultato è ipnotico.
Gli occhi di chi guarda sono accompagnati in un percorso velocissimo fatto di immagini, suoni e informazioni, capisci come funziona la cover e la sua semplicità d’uso e percepisci dal suono prodotto dai magneti che si agganciano e sganciano la precisione e pulizia estetica e formale della soluzione.
L’espressione che ti rimane sul volto alle fine del video è un misto tra stupore e felicità, quella stessa espressione che hai da bambino dopo aver visto un giocattolo bellissimo e pensi ad una sola cosa: LO VOGLIO!
Questo video è a mio parere un magistrale esempio di storytelling.
La mia esperienza come storyteller
Quando ho disegnato la lampada Virginia© ho sentito il bisogno di raccontare e comunicare nel miglior modo possibile quali fossero le sue caratteristiche tecniche ma soprattutto quale fosse il sentimento e l’emozione che avevano guidato la mia matita.
Volevo trasmettere il mio pensiero, raccontare del mio desiderio di realizzare un design minimalista che evocasse quello che nell’immaginario di tutti è il profilo inconfondibile di una lampada a sospensione.
Ho tracciato quelle linee con il pensiero semplice di un bambino, cercando la sintesi estrema, senza voler appagare il mio senso adulto di estetica e design ma cercando solo un contorno che evocasse “una lampada”.
Volevo un oggetto giocattoloso, composto da pochi pezzi e assemblato senza viti o cervellotici sistemi di fissaggio…volevo poterlo maneggiare e scuotere senza sentire rumori e scricchiolii sinistri, lo volevo robusto e allo stesso tempo leggero, proprio come un giocattolo.
Ho sempre detestato la fragilità e complessità costruttiva di certe lampade e oggetti in generale, perché ritengo che un prodotto industriale debba poter essere usato liberamente e ripetutamente, senza cautele o precauzioni particolari.
E infine….volevo una lampada che facesse luce, tanta luce!
Che fosse bella accesa ma anche spenta, tutte cose apparentemente ovvie che però a ben vedere raramente ritrovi nello stesso prodotto.
Volevo un oggetto spensierato che mi trasmettesse sensazioni positive, calde, anche a livello tattile.
Tutto questo meritava di essere spiegato e raccontato e per farlo ho subito pensato ad un video.
Ho immaginato una storia, una protagonista (mia figlia Arianna) e il luogo dove poter girare le scene (casa mia).
Una produzione a chilometro e costo zero!
Ho realizzato quindi una demo direttamente con il mio smartphone, dove ho definito le inquadrature e la durata delle scene, realizzato il montaggio e scelto la base musicale.
Una volta definito tutto, o quasi, ho realizzato il video definitivo grazie al fondamentale supporto di un bravo videomaker: Federico GALLO.
Sono riuscito a condensare tutto in 103 secondi...lo so, non sono stato bravo come gli amici di Cupertino ma mi reputo comunque estremamente soddisfatto!
Questo è il risultato...
Lo so che ci state ancora pensando...
Se anche voi come me non conoscevate i giardini di Bangalore o dove si trovasse questa località, sappiate che Bangalore (chiamata anche Bengaluru) è la capitale dello stato indiano meridionale di Karnataka, una “cittadina” di 8.4 milioni di abitanti, centro dell'industria tecnologica del Paese tanto da essere considerata la Silicon Valley indiana.
Bangalore però è nota come la “città dei giardini” grazie ai suoi numerosi parchi e aree verdi che sopravvivono al cemento nonostante la sua costante espansione urbana.
Tutto questo l’ho scoperto grazie ad una designer e ad una multinazionale svedese e in definitiva grazie ad una stoffa per cuscini e imbottiti che sicuramente guarderò con maggior attenzione e curiosità la prossima volta che accompagnerò le mie figlie da IKEA a mangiare le polpettine con contorno di marmellata di mirtilli rossi...
Lo storytelling ha colpito ancora!
Al prossimo argomento ciao.
Luca